![]() Un recentissimo articolo pubblicato da due ricercatori spagnoli sul sito Reserchgate.net intitolato “Effetti del ciclismo sulla prestazione podistica successiva, lunghezza della falcata e livelli di saturazione dell’ossigeno dei muscoli” ha evidenziato l’importanza degli allenamenti combinati bici-corsa per il triatleta. La ricerca ha coinvolto dieci triatleti, otto uomini e due donne, di livello medio alto, seppur non a livello élite, allenati per le distanze sprint/olimpico con i seguenti parametri medi: - Volume di allenamento settimanale: 16,4 ore, scostamento 6,8 ore - Età 25,7: anni, scostamento 8,9 anni - Altezza: 174,6 cm, scostamento 10,1 cm - Peso: 71,3, scostamento 9,8 Kg La ricerca consisteva nel misurare una prestazione di corsa a secco svolta in pista sui classici 12 minuti del test di Cooper. In seguito la prova veniva ripetuta, ma questa volta era preceduta, con un intervallo di soli 60 secondi per il cambio scarpe come nella transizione in gara, da uno sforzo massimale a cronometro in bicicletta sui rulli di 20 minuti; nota a margine, stessa modalità con cui autori come Coggan e Allen calcolano la FTP in bicicletta. Sono state monitorate la frequenza cardiaca e le dinamiche di corsa attraverso una fascia cardio Garmin Run, abbinata ad uno smartwatch Forerunner 735XT e il dispositivo mobile a raggi infrarossi che misura l’ossigenazione muscolare, nel caso specifico del vasto laterale, prodotto dalla Moxy. Questi strumenti sono stati scelti per la loro facile reperibilità ed uso sul campo anche da parte di atleti non professionisti. Come prevedibile, la prova effettuata dopo lo sforzo in bicicletta è risultata inferiore nella distanza percorsa, in media di 195 metri, con circa il 6% di decremento. Ma analizzando nel dettaglio quali tra i parametri misurati siano variati si hanno delle sorprese. A livello fisiologico la frequenza cardiaca non subisce variazioni rilevanti. A livello di dinamiche di corsa, cadenza, oscillazione, tempo di contatto con il terreno non si hanno mutamenti statisticamente rilevanti. Due parametri, invece, sono cambiati sensibilmente:
La misurazione dell’ossigenazione muscolare è ai suoi albori, come la potenza nel ciclismo vent’anni fa o nel running ai giorni nostri, per cui il dato che indica un calo è di poca fruibilità pratica nell’immediato, anche se si rivelerà prezioso quando la mole dei dati raccolti raggiungerà una massa critica rilevante, sempre se questi tipi di dispositivi verranno adottati da una larga fetta di atleti come è stato per il misuratore di potenza nel ciclismo. La falcata risulta quindi ridotta in lunghezza per cui, anche a cadenza invariata, la distanza percorsa è minore. Concentriamoci su una considerazione finale dei ricercatori “The damaging effects of cycling prior to running might be due to accumulated muscular fatigue in the bike segment and could be attributed to an increase in neural fatigue, causing alterations in the neuromotor pattern as has been argued in previous studies. Consequently, the importance of brick training in triathletes is highlighted”. L’importanza dei brick diventa quindi chiara, ma come svolgere i brick? L’articolo non fornisce una risposta al quesito, ma partiamo da due considerazioni: se si tratta di fatica muscolare la soluzione è allenare meglio il ciclismo a secco, in questo caso i brick non sono coinvolti. Se si tratta di “fatica a livello neuronale che causa alterazioni nello schema motorio” allora quale tipo di brick utilizzare? In pratica come eliminare quella sensazione per cui le gambe sembra stiano ancora pedalando nei primi chilometri di corsa? Parere di chi scrive, in questo caso la soluzione migliore è quella consigliata da Friel nella sua “The Traithlete’s Bible”, ossia brick lunghi solo una tantum per allenare la mente e provare le strategie di gara, alimentazione inclusa. Per migliorare la propria azione di corsa il triatleta deve, invece, inserire tutte le volte che sia possibile brevi sessioni di corsa, non oltre i venti minuti, alla fine delle sessioni di ciclismo per costruire i necessari schemi motori, questo specialmente per chi è impegnato sulle distanze brevi. Non bisogna mai dimenticare che la fatica è nemica dell’apprendimento di nuovi schemi motori, per cui non si deve protrarre la sessione pena lo scadimento della tecnica con la conseguente acquisizione di schemi motori errati. In conclusione, non si debbono considerare i brick come un vero e proprio allenamento di resistenza, ma una sessione di adattamento neuromuscolare pianificata per creare nuovi schemi motori, conferma che il triathlon non è la somma delle tre discipline, ma uno sport a sé stante. Giuseppe GambariniDa sempre appassionato praticante di sport di resistenza, traduttore, copywriter. Residente nella Sunshine Coasta australian, inesauribile curioso ed amante della sua lingua natia. Translation services for endurance sportsComments are closed.
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September 2020
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